IL SULTANO ERDOGAN CACCIA I MILITARI ITALIANI DALLA LIBIA

Il sultano turco Erdoğan assesta l’ennesimo ceffone all’Italia rispedendo indietro un contingente di militari italiani che era sbarcato all’areoporto di Misurata.

In pratica dopo aver subito una saguinosa guerra nel 2011 – ad opera di Francia e Inghilterra – in quello che era di gran lunga il maggior partner italiano in Nordafrica, ora viene posto un deciso stop anche alle forze armate di stanza in Libia.

La notizia ha dell’incredibile e mostra che a livello internazionale l’Italia non conta più nulla. Mentre dalle stesse coste libiche arrivano di continuo migliaia di clandestini che finiscono per finanziare trafficanti di uomini e coop catto-comuniste, dalla Libia impongono ai militari italiani di ritornare da dove sono venuti.

Una figura vergognosa che il governo presieduto dall’avvocaticchio foggiano Conte tenta di nascondere prorogando in Italia uno stato d’emergenza che non ha nessuna ragion d’essere se non mascherare tutti i disastri e fallimenti da esso compiuti.

Il Califfo Erdoğan punta al controllo della Libia

Mentre l’Italia è in ginocchio per un’emergenza dovuta all’irresponsabilità criminale dei suoi governanti, a poche centinaia di miglia dalle coste siciliane il califfo turco Erdoğan sta allestendo la base di al-Watiya, a Sud Ovest di Tripoli, per renderla la più grande base militare per l’esercito turco al di fuori del suo territorio statale.

Nel frattempo un nuovo gruppo di 120 jihadisti fedeli ad Ankara, reduci della brutale guerra siriana, è giunto in Turchia per essere dislocato in Libia dopo aver ricevuto la formazione necessaria nei campi turchi.

Sono almeno 8.950 i mercenari islamici che finora hanno già raggiunto il territorio libico e, secondo dati trapelati, 3.204 le reclute nei campi di addestramento turchi.

E tutto questo mentre il governo abusivo che siede a Roma spende montagne di soldi per pagare migliaia di soldati italiani a occuparsi di crisi altrui fregandosene completamente di quelle che ci ritroviamo sull’uscio di casa.

Ogni santo giorno vengono infatti dilapidati centinaia di milioni di euro per inviare nostri militari in 34 missioni internazionali spalmate su 25 Paesi, mentre il tessuto produttivo italiano viene cannibalizzato da una burocrazia tra le più fameliche e incapaci al mondo.

 

GRANDE SPOT DEL GOVERNO CONTE AI TAGLIAGOLE SOMALI DI AL-SHABAAB

Per i tagliagole somali di al-Shabaab che hanno rapito Silvia Romano il suo rientro in Italia è stata una clamorosa vittoria sotto tutti i profili:

1) innanzitutto la ragazza si è convertita all’islam e sposata con uno dei suoi carcerieri;

2) durante il rapimento si è sottomessa agli usi e costumi musulmani, come ha orgogliosamente mostrato con la paladrana che la ricopriva interamente al rientro a Ciampino;

3) i sequestratori hanno monetizzato il suo rilascio con 4 milioni di euro, ma vi è chi sostiene in realtà siano molti di più, e con quei soldi ci compreranno un bel po’ di armi;

4) le autorità italiane, a partire dal presidente Conte e dal ministro degli Esteri Di Maio, gli hanno fatto un enorme spot pubblicitario che sta girando in tutto il mondo;

5) gli jihadisti di al-Shabaab ottengono così una legittimazione politica e un grande ritorno d’immagine, considerato che per questi cannibali la comunicazione mediatica ha un valore strategico.

Insomma, nell’accogliere trionfalmente la “cooperante” in diretta televisiva i maggiordomi governativi, pensando di farsi una grande autopromozione personale e politica, hanno compiuto un gigantesco errore di comunicazione.

Tanto a pagarne il salato conto è sempre Pantalone, cioè i contribuenti italiani tenuti agli arresti domiciliari, mica loro!

IL SULTANO NEO-OTTOMANO PIAZZA I SUOI COMBATTENTI A POCHE MIGLIA DALL’ITALIA

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Qualche settimana fa molti salutavano con gioia l’assassinio del generale iraniano Soliemani, una delle punte di lancia contro i tagliagole jihadisti che hanno devastato la Siria per 10 lunghi anni.

Oggi però, con notevole faccia di bronzo, glissano elegantemente sul fatto che il sultano neo-ottomano Erdoğan abbia inviato più di 2mila uomini, reclutati dai turchi fra i ribelli anti Assad, sul fronte libico che appoggia l’uomo di paglia Fayez al-Serray.

Non è un caso che ieri, al parlamento europeo, il re di Giordania Abdullah II si sia chiesto: «Che cosa succede se la Libia crolla in una guerra globale e diventa la nuova Siria, ma molto più vicina al continente che voi chiamate casa?».

I difensori di Tripoli contano sull’aiuto militare turco, che infatti ha già inviato 35 consiglieri militari promettendo un contingente di 5mila uomini.

«Se gli attacchi di Haftar continueranno, la Turchia non si risparmierà dal dargli una lezione» ha minacciato il presidente Erdoğan.

Nel frattempo i turchi, piazzandosi così a poche miglia dalle coste italiane, hanno inviato in Libia i loro giannizzeri siriani.

Tutti reclutati nel cosiddetto Jaish al-Watani (esercito nazionale) messo in piedi dal MIT, l’intelligence turca, per combattere in Siria soprattutto i curdi.

L’«esercito» è un cartello di gruppi di stampo jihadista, come la divisione Sultan Murad, la brigata Mutassim, la divisione Hamza, al-Jabha al-Shamiyyah, Aylaq al-Sham e Suqour al-Sham.

Ai siriani verrebbero pagati 1500 dollari al mese e garantita la cittadinanza turca alla fine dell’avventura. I cannibali jihadisti spediti in Libia sono inquadrati nell’unità Omar al-Mukhtar, l’eroe libico impiccato dagli italiani nel 1931.

Un’operazione, questa, fortemente avallata dai Fratelli Musulmani che appoggiano e influenzano il governo di al-Serraj con l’obiettivo di mettere le mani sulla Libia.

Ma tanti, troppi furbacchioni del giornalismo e della politica nostrana – anche tra i cosiddetti «sovranisti» – girano la testa dall’altra parte, facendosi così docile strumento di coloro che prosperano da sempre sul caos…

LA SCHIZOFRENIA DELLA POLITICA E I DESTINI DEL MONDO

Che la Politica in generale sia intrinsecamente schizofrenica è un fatto arcinoto.

Però c’è un limite a tutto. Quando ad esempio Trump correva per le presidenziali USA contro la Clinton, uno degli argomenti più dirompenti usati dal magnate contro Hillary e il presidente Obama era quello di essere stati i “fondatori dell’ISIS”, cioè dei tagliagole salafiti che infestavano la Siria e compivano attentati in vari Paesi d’Europa.

Ed è probabile che proprio tale accusa abbia rappresentato uno dei maggiori grimaldelli retorici, insieme alla stanchezza dei cittadini americani di gettare via trilioni e trilioni di dollari in guerre lontane e senza senso, ad aver permesso a Trump di vincere contro tutto e tutti le elezioni presidenziali del 2016.

Oggi invece, dopo l’assassinio proditorio del generale iraniano Soleimani, cioè contro colui che è stato tra i maggiori artefici della sconfitta delle cannibali jihadisti dell’ISIS in Siria e Iraq, Trump cambia versione e accusa Soleimani d’essere lui stesso nientemeno che un “terrorista” della peggior specie.

Un “terrorista” che però ha contribuito per conto dell’Iran a debellare, insieme all’apporto decisivo dei militari russi, uno dei più grandi pericoli che gli americani indicano da decenni come il “nemico pubblico n° 1”.

Ma è assai probabile che tutto questo, così come l’intervento degli iraniani in Siria gli è servito prima a diventare presidente degli Stati Uniti, oggi la contrapposizione frontale contro di essi gli torni utile per riconfermarsi alla guida della potenza a stelle e strisce.

Quello che invece sconcerta è che i politici e i maggiori commentatori europei, ridotti ormai allo status di tifosi in preda agli impulsi propagandistici del momento, si bevano eventi di portata mondiale con una dabbenaggine e mancanza di discernimento che lasciano sconcertati.

SECONDO LUIGI EINAUDI L’EVASIONE FISCALE E’ L’UNICA DIFESA DEL CONTRIBUENTE

Luigi Einaudi è forse l’unico vero liberale assurto alla presidenza della Repubblica tra il 1948 e il 1955.

E tenete conto che, nel momento in cui Einaudi profferiva le parole qui riportate, la pressione fiscale in Italia oscillava tra il 15-20% e la burocrazia amministrativa che oggi opprime chiunque era praticamente inesistente.

Non a caso è proprio intorno a quegli anni che sono state gettate le premesse del famosso “miracolo economico” che ha portatato l’Italia a un benessere e una crescita socioeconomica mai vista prima. E di cui, diciamocelo francamente, le generazioni attuali vivono ancora di rendita…

Anche sotto l’odiatissimo fascismo, oggi indicato dal politicamente corretto come il “male” per eccellenza, la pressione fiscale non è mai andata oltre il 20%.

E confrontatela con la situzione attuale, cioè con la più bella e progressista delle Democrazie avanzate, talmente avanzate da risultare praticamente marce, dove la pressione fiscale veleggia intorno all’80%…

E provate a negare che “pagare le tasse è una cosa bellissima”, come disse uno dei più autorevole beniamini dell’autocrazia di Bruxelles, Tommaso Padoa-Schioppa, oggi passato a miglior vita…

“MISSIONI DI PACE” ALL’ESTERO E PSICOPATICI AL POTERE…

La domanda è: cosa ci stanno a fare i militari italiani in missioni estere come Iraq, Libano, Egitto, Cipro, Niger, Afghanistan etc. etc. che costano cifre stratosferiche ai contribuenti e non hanno alcun beneficio per l’Italia?

Gli stessi che in questi decenni hanno voluto fare entrare centinaia di migliaia di finti profughi afro-islamici tra cui potrebbero annidarsi tagliagole e delinquenti della peggior specie, esigono poi che le forze armate intervengano a migliaia di chilometri dall’Italia lasciando sguarniti i confini a ogni genere d’intrusione.

Poi però inviano pattuglie di militari per le strade che non servono a nulla se non a fare scena, ma intanto lasciano entrare chiunque senza accertarsi minimamente di chi siano e quali pericoli possano rappresentare per la popolazione.

È così che in pochi anni sono riusciti a fare entrare la manovalanza che oggi costituisce la famigerata “mafia nigeriana”, una delle più spietate e pericolose malavita presenti in Italia.

E contemporaneamente spediscono contingenti armati all’estero chiamandole “missioni di pace”, mentre sono interventi militari a tutti gli effetti vietati da quella stessa Costituzione che brandiscono sempre a sproposito.

Com’è possibile una tale schzofrenia? Purtroppo la risposta è sempre la stessa: psicopatici al potere!

IL DISIMPEGNO DI TRUMP IN SIRIA E I VENTI DI GUERRA D’ISRAELE CONTRO L’IRAN

Quando Trump divenne presidente degli Stati Uniti da Israele si levarono grida di giubilo perché speravano che, finalmente, si sarebbe presto giunti a un attacco militare americano contro l’Iran.

Con Obama si era stipulato un Trattato di pace con la Repubblica islamica che non piaceva affatto.

E dunque gli israeliani credevano fortemente che con l’elezione di Trump le cose potessero ritornare come prima. Ossia come ai bei tempi dell’Iraq, l’acerrimo nemico dallo Stato Ebraico tolto di mezzo nel 2003 per volonta dei neocon che ghermivano Bush jr; poi con la distruzione della Libia guidata dal colonnello Gheddafi e infine 8 anni di guerra contro la Siria che, pur non avendo capitolato come si auspicava inizialmente, è stata logorata e ridotta in una situazione piuttosto grave.

E tuttavia, nonostante le promesse belliche iniziali, Trump non ha fatto seguire le parole ai fatti e gradualmente si è svincolato dalle pressioni israeliane di attacare l’Iran, ultimo vero “nemico esistenziale” che Israele si trova di fronte nell’arena mediorientale.

Adesso questo ulteriore abbandono dei curdi da parte americana mette ancora più in apprensione Israele, dilazionando le promesse di guerra verso l’Iran su cui tanto aveva creduto e sperato.

Da qui le recriminazioni contro Trump e il cambio di tono nei suoi confronti del premier Benjamin Netanyahu, che fino a poco fa si dichiarava suo “grande amico”.

Se i “curdi sono stati traditi, si chiedono gli israeliani, i prossimi potremmo essere noi?”, chiosano gli amici israeliani de “Il Foglio” a commento delle ultime mosse americane in Siria.

Che non a caso rilanciano, per bocca del suo stesso direttore, la proposta radicale di “portare Israele in Europa” come se l’UE non avesse già abbastanza grane interne e dovendosi pure sobbarcare tutte le contraddizioni esistenti dentro e fuori lo Stato ebraico.

Ora, dopo il via libera degli Stati Uniti alla Turchia, la situazione si complica ulteriormente e coloro che vogliono incendiare il Vicino e Medio Oriente devono riprendere a filare la tela fino al prossimo Casus Belli.

L’ISLAM SI FA LARGO IN UNA SOCIETA’ IN DISFACIMENTO

Un piatto con qualche fetta di prosciutto servito in mensa a un bambino musulmano di 7 anni, che lo ha mangiato in compagnia dei suoi compagni di scuola: tanto è bastato per fare scoppiare il dramma nella comunità islamica a Torino!

«Se n’è accorta la sorella maggiore – racconta il padre egiziano all’intervistatore – che però non lo ha detto alle maestre per paura di essere sgridata. È gravissimo, io in 48 anni non ho mai assaggiato carne di maiale, è una questione religiosa».

E così, per non urtare i fedeli di Allah che crescono di giorno in giorno su tutta la penisola, la scuola pubblica abituerà i bambini a questa nuova alimentazione politicamente corretta.

Ultimo esempio in tale direzione i tortellini serviti per volontà del Vescovo di Bologna alla festa di San Petronio, che contrariamente alla tradizione non utilizzeranno carne di maiale per non urtare la «sensibilità» dei musulmani.

Ci sono milioni di persone senza lavoro e prive di qualsiasi futuro, ma i problemi per cui ci invitano a scandalizzarci sono gli islamici a cui deve essere evitata la somministrazione di suino.

Perché come ricordava sempre una che di mestiere faceva la Presidenta, «gli immigrati sono l’avanguardia di uno stile di vita che presto sarà di molto di noi!»

GRETINI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!

Che la scuola pubblica sia diventata nel corso degli anni un “gretinificio” è ormai un fatto conclamato a cui si è dovuto tristemente assistere.

Non solo ai livelli primari ma a ad ogni grado d’istruzione e con i risultati sotto gli occhi di tutti.

Che si potesse tuttavia scadere a una tale bassezza propagandistica era difficile da immaginare.

Prima l’educazione gender e gender fluid, ossia la “libertà” di passare da maschio a femmina e viceversa come nulla fosse; ora si approda invece all’indottrinamento climatico con la benedizione a scendere in piazza sollecitata direttamente dal ministero dell’Istruzione a 5 Stelle.

Se vai a manifestare come suggerito dalla sedicenne Greta Thunberg allora sei bravo e quindi assente giustificato, altrimenti sei un “insensibile” che non ha a cuore le sorti dell’ambiente e del “riscaldamento globale”.

Gretini di tutto il mondo, unitevi!

IL MITO DEI “LAGER LIBICI” E LA REALTA’ DEI FATTI

Sui Lager nella Germania hitleriana, funzionanti dalla metà degli anni ’30 del Novecento fino al 1945, abbiamo una copiosa quantità d’informazioni e documentazione fotografica.

Un po’ meno sui Gulag in Unione Sovietica, che pure esistevano già dai primi anni ’20 e sono durati fino agli anni ’70.

Ma siccome il maggiore Partito Comunista del mondo Occidentale era proprio in Italia, forse ciò è in grado di spiegare questa colpevole omissione.

Tuttavia parliamo di un’epoca in cui possedere una macchina fotografica non era certo una cosa molto comune.

E la telefonia mobile era ovviamente ancora nel mondo della fantascienza! Come mai dunque oggigiorno, dove trovare qualcuno privo di telefonino con fotocamera è più raro che scovare il mitico unicorno, non esiste alcuna documentazione fotografica o video dei famosi campi di concentramento libici?

Eppure tutti gli africani che vengono traghettati in Italia da marina militare e ONG arrivano provvisti di cellulari di ultima generazione dicendo di fuggire proprio dai celebri “campi” della Libia.

Com’è spiegabile un’incongruenza del genere? I casi sono due: o non esiste alcun lager libico in cui vengo riunchiusi e torturati questi africani, perché altrimenti avremmo una nutrita documentazione in tempo reale; oppure sanno che è obbligatorio narrare tale versione, che è appunto il racconto sul quale si basa tutta l’industria dell’accoglienza.

E che ora, col nuovo governo giallo-fucsia, sta riprendendo il suo business a pieno regime. Delle due l’una, ma una può essere tranquillamente complementare dell’altra.

IL GIACIMENTO PETROLIFERO DI “TEMPA ROSSA” IN MANO AI FRANCESI DELLA TOTAL

Quando nel marzo 2011 la Francia attaccò militarmente la Libia di Gheddafi si disse subito che uno dei motivi fondamentali dell’intervento armato era quello di estromettere l’ENI dai giacimenti libici e consegnare nelle mani della francese TOTAL l’intera produzione petro-gasifera di cui la Libia è ricchissima.

Cosa sicuramente vera, ma esistevano anche altre ragioni non meno importanti. Come ad esempio bloccare sul nascere il progetto di dotare l’Africa di una propria moneta, il dinaro d’oro, del quale Gheddafi era il maggiore sponsor nel continente africano.

E che avrebbe estremosso il Franco CFA da tutti gli Stati del Sahel controllati da Parigi. Un progetto che, dopo l’intervento criminale della Francia e poi dell’intera NATO, venne per l’appunto soffocato nella culla.

Ma da quel momento, in effetti, la TOTAL è riuscita a impossessarsi di parecchi giacimenti libici mettendo sempre più in difficoltà la presenza dell’ENI nell’intera area.

La guerra è guerra, si sà, e chi vince si prende tutto ciò che vuole. Però succedono cose molto strane anche in tempo di pace, soprattutto per un Paese come l’Italia che ha un disperato bisogno di carburanti per la propria economia e consumi interni.

E che dalla vicenda libica ha subito dei pesantissimi contraccolpi energetici. Come spiegare allora il fatto che il vasto giacimento petrolifero conosciuto come Tempa Rossa, situato nell’alta valle del Sauro, nel cuore della regione Basilicata, sia in gestione dei francesi della TOTAL, operatore incaricato dello sviluppo del progetto, affiancato dai giapponesi della Mitsui e dagli anglo-olandesi della Shell, entrambi con il 25%?

Perché una risorsa così vitale per l’Italia non è stata affidata a un gigante come l’ENI, che avrebbe tutte le capacità tecniche e operative per valorizzare un giacimento di simili proporzioni, e che inoltre potrebbe rappresentare un volano importantissimo per la crescita dell’intero Sud Italia?

Domande che hanno mai ottenuto risposta e che mostrano ancora una volta la totale sudditanza, vigliaccheria e stupidità della classe dirigente italiota.

CHI C’E’ DIETRO L’ATTACCO ALLE RAFFINERIE IN ARABIA SAUDITA?

Poiché la guerra contro l’Iran è da sempre uno degli obiettivi strategi d’Israele, ogni occasione è buona per dargli addosso.

E magari facendosi alleati in quest’impresa anche i feudo-monarchi del Golfo Persico, che odiano mortalmente gli sciiti iranani.

Tuttavia è accaduto che i sauditi sconfessino gli USA e le loro accuse all’Iran per il devastante attacco alle raffinerie Aramco avvenuto la settimana scorsa.

Gli Stati Uniti hanno condiviso subito le informazioni in loro possesso sull’attacco con i sauditi, ma questi hanno affermato che non erano sufficienti ad accusare l’Iran.

Ne scrive l’autorevole “Wall Street Journal”, in un articolo nel quale si legge che esponenti della Sicurezza “statunitensi hanno condiviso con l’Arabia Saudita i rapporti di intelligence e la loro valutazione secondo la quale sabato l’Iran ha lanciato più di 20 droni e almeno una dozzina di missili contro alcuni impianti petroliferi sauditi”.

Ma, continua il WSJ, “i sauditi hanno affermato che gli Stati Uniti non hanno fornito prove sufficienti per concludere che l’attacco è stato portato dall’Iran, indicando che le informazioni statunitensi non sono esaustive”.

C’è dunque qualcosa, anzi tanto, che non quadra. Se non ci sono prove esaustive, perché dunque accusare subito l’Iran di una provocazione così gravida di conseguenze?

Il rischio di una manipolazione è sempre più alto, dato che le pressioni per incolpare l’Iran – già condannato prima ancora che sia iniziato il processo -, sono fortissime.

E allora sorge forte il dubbio: se nessuna pistola fumante riconduce all’Iran, chi altri nell’area possiede le tecnologie, l’intelligence e la potenza mediatica per organizzare un colpo del genere indirizzando subito le responsabilità contro la Repubblica degli Ayatollah?

Difficile poterlo stabilire con certezza. E tuttavia, come suol dirsi, a pensar male si fa peccato ma spesso s’indovina. Basta solo unire i puntini.

…”il mondo dopo l’11 settembre”… Un’analisi di Paolo Sensini, intervistato da Marco Pinti per Rebelot (Radio Padania Libera)

intervista rilasciata a Radio Padania
a partire dal minuto 33:20 al minuto 53:10


…”il mondo dopo l’11 settembre”… Un’analisi di Paolo Sensini, intervistato da Marco Pinti per Rebelot (Radio Padania Libera)


 

EUGENIO SCALFARI INSIGNITO DALLE MEDAGLIE DI MUSSOLINI

Eugenio Scalfari, fondatore de “la Repubblica”, quotidiano di punta del Gruppo De Benedetti (GEDI), è terrorizzato dall’incombente ombra del fascismo mussoliniano sul nostro presente.

Lo vede risorgere ovunque e ogni domenica martirizza i lettori del suo giornale con lunghissime omelie.

Lui però, ma questo dimentica sempre di ricordarlo ai suoi affezionati peones, Mussolini l’ha incontrato davvero, che gli ha persino apposto una medaglia sul petto per il suo zelo di giovane e ardente fascista.

Poi però, crollato il regime sotto le bombe anglo-americane, Eugenio ha pensato che forse era il caso di saltare velocemente sul carro dei vincitori e fare dimenticare quanto prima il suo passato…

IL PRESIDENTE NIGERIANO METTE IN GUARDIA SULL’IMMIGRAZIONE AFRICANA IN EUROPA

Il presidente in carica della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha ripetuto il suo monito innumerevoli volte: “Chi abbandona la Nigeria sono, in gran parte, criminali, perché i nigeriani non avrebbero alcun motivo di chiedere Asilo, visto che in Nigeria non ci sono guerre”.

E non c’erano allora come non ci sono oggi. Ma durante il governo PD imposto a fine 2011 dalla UE con supervisione istituzionale di Giorgio Napolitano, governo che si è protratto sotto varie forme sino a metà 2018, sono stati traghettati in Italia svariate centinaia di migliaia di subsahariani.

Alcuni di essi, continua il presidente Buhari, “affermano che è troppo difficile tornare a casa, ma hanno anche reso difficile a europei e americani accettarli a causa del numero di nigeriani nelle prigioni di tutto il mondo accusati di traffico di droga o di traffico di esseri umani”. Una persona sensata.

A dimostrazione del fatto che da Paesi come la Nigeria arriva da noi il peggio. Quindi i governi di sinistra a guida PD, nonostante tutti sapessero che tipo di “migranti” arrivavano via mare, hanno continuato a concedere protezione umanitaria a chi, poi, ha rimpolpato le fila della malavita sino a fare diventare la mafia nigeriana una delle più forti e spietate dell’intera penisola e non solo.

Come se quelle “nostrane” presenti storicamente al Sud e poi sparpagliate su tutto il territorio come mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita, non fossero già abbastanza.

E il tutto venduto agli spettatori italiani ed europei, grazie anche al contributo fondamentale della Chiesa di Ciccio l’argentino, in nome del “Restiamo Umani!”.

Eccola qua ora la bella umanità con cui voi e i vostri figli, gentilmente sparsa ovunque dalla munifica industria dell’accoglienza, dovrete convivere nel prossimo futuro!

IL FIUME DI DENARO CHE LASCIA L’ITALIA CON LE RIMESSE DEGLI IMMIGRATI

 

Gli immigrati ci pagheranno anche le pensioni, come recita da anni il mantra più gettonato dal mondo catto-comunista, ma il dato rilevante è che dal 2008 al 2018 le rimesse dei lavoratori stranieri in Italia ai loro Paesi d’origine hanno raggiunto la cifra astronomica di 66,410 miliardi di euro. Sì, avete letto bene, 66,410 miliardi di euro!

Lo rivela un’analisi del Centro Studi ImpresaLavoro su elaborazione dei recenti dati Bankitalia.

Numeri da far impallidire intere manovre finanziarie e che i media si guarderanno bene dal raccontarvi.

Per rimanere solo in un ambito locale ma piuttosto significativo, secondo la Procura di Brescia dal gennaio del 2009 alla primavera del 2012 attraverso diversi money transfer bresciani sarebbe passata una somma che supera i 7,2 miliardi di euro con la quota di riciclato che sfonda i 3,5 miliardi di euro.

In pratica, al di là delle illusioni vendute dai media di regime per fare accettare un fenomeno che ha implicazioni sempre più gravi sulla vita socioeconomica, l’immigrazione drena all’estero fiumi di denaro da attività produttive – ma più spesso da quelle malavitose – svolte in loco.

Lo fa ufficialmente, con rimesse registrate ma anche in molteplici forme illegali. Compresi diversi canali di finanziamento del terrosimo islamico.

Ma per gli accoglioni professionali questa è l’unica strada su cui proseguire, anche a costo d’impoverirci e devastare ciò che resta di un tessuto sociale sempre più depauperato.

CHI SONO GLI AVVOCATI DELLA GALASSIA “UMANITARIA”

A curare l’aspetto legale e giudiziario della galassia umanitaria c’è sempre lui, l’Avv. Alessandro Gamberini, già professore di Diritto penale e Istituzioni di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna, che è impegnato a patrocinare quasi tutte le cause mediaticamente più importanti degli ultimi decenni.

Ricordiamo solo alcune tra le sue numerose gesta legali: la difesa dell’ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri come mandante dell’assassinio a Milano del commissario Luigi Calabresi, la difesa delle vittime delle violenze di polizia del G8 di Genova, della giornalista de “il manifesto” Giuliana Sgrena durante il suo rapimento in Iraq dove per salvarla perse la vita il funzionario dei servizi segreti Nicola Calipari, dei familiari di Federico Aldrovandi, di Stefano Cucchi e Giuseppe Uva, ma anche la difesa del governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani implicato nell’inchiesta “Terremerse” e tanto, tanto altro.

Cause dove, nonostante in taluni casi le sentenze fossero risultate avverse ai suoi clienti, è comunque sempre riuscito a strappare il massimo di ciò che era possibile ottenere, soprattutto sotto il profilo mediatico.

Sì perché lo studio dell’ex professore bolognese è da sempre impegnato “a difesa dei diritti umani, sia sul versante interno che su quello sovrannazionale.

Ma anche – leggiamo nel prospetto informativo dello Studio Gamberini – nella tutela dei diritti fondamentali comprende la materia dell’asilo e del diritto dell’immigrazione, la tutela delle persone private della libertà personale, fino ai crimini internazionali. In questo ambito – prosegue Gamberini – collaboriamo con importanti organizzazioni non governative (avendo assunto, tra l’altro, la difesa di Proactiva Open Arms, dell’equipaggio della Iuventa e di Sea Watch nei procedimenti penali legati alle attività di soccorso in mare) e collaboriamo con centri di ricerca italiani, europei e internazionali”.

Ed è sempre lo stesso Gamberini ad aver impostato fin dall’inizio la strategia difensiva della “capitana” Carola Rackete, che dopo aver forzato con la Sea Watch 3 il blocco nel porto di Lampedusa ha messo in pericolo la vita di 5 finanzieri scaricando sulla banchina il suo bottino di oltre 42 giovani africani.

Non contento della ribalta mediatica già guadagnata, Gamberini ora rilancia facendo querelare dalla sua assistita il ministro Salvini con l’accusa d'”istigare all’odio” e pretendendo il sequestro di tutti i profili social a lui riconducibili.

Insomma, è l’impronta inconfondibile del “metodo umanitario” di Gamberini: ribaltare la realtà e, attraverso la completa inversione della prospettiva iniziale, far perdere ogni ancoraggio concreto all’opinione pubblica.

Ma non è tutto, perché a fianco di questo egli ricorrere a ogni stratagemma e cavillo giuridico possibile di cui è maestro indiscusso. Con la certezza, ormai ben rodata sul campo, che in ultima istanza si potrà contare su una magistratura e un volume di fuoco mediatico sempre a proprio favore.

Ed è così che, dopo la “trasmutazione umanitaria” operata da Gamberini & compagni, vicende giudiziarie dal chiaro sapore criminale potranno diventare il vessillo di battaglie “umanitarie” da sbandierare Urbi et Orbi. Perché l’inferno, non dimentichiamolo mai, è lastricato di buone intenzioni e ciascuna ha il profeta che si merita.

NEL MONDO INCANTATO DI FRANCESCO NON ESISTONO STRANIERI…

Come sarebbe a dire “nessuno è straniero”? A qualcuno risulta che le enormi proprietà immobiliari della Chiesa e i capitali delle loro banche siano liberamente a disposizione dei cittadini fuori dallo Stato del Vaticano, che non conta nemmeno mille abitanti?

Quando socializzeranno da bravi comunisti tutti i loro beni, e state tranquilli che non avverrà mai per nessuna ragione al mondo, ne riparleremo.

Ma anche oggi Ciccio l’argentino, commemorando il discorso fatto a Lampedusa 6 anni dopo aver invitato ogni africano che lo desiderasse a venire liberamente in Italia perché tanto c’era posto per tutti, ha ribadito di nuovo il concetto.

Ormai è talmente scontato e ripetitivo che non c’è neppure più bisogno della sua presenza fisica: basta mettere su un nastro e ogni volta è sempre la solita litania…

L’ONU IMPONE AGLI EUROPEI DI RIPRENDERSI I COMBATTENTI DELL’ISIS

Hanno praticamente raso al suolo due Paesi come Iraq e Siria, sopratutto quest’ultimo, e dopo 8 anni di guerra spietata oggi per l’ONU l’imperativo categorico è uno: processare subito i 55mila combattenti dell’ISIS oppure rispedire una parte di essi nei loro Paesi di provenienza in Europa.

Suona come una beffa il monito delle Nazioni Unite ai governi iracheno e siriano dopo che, grazie ai tagliagole jihadisti accorsi in quei territori da un po’ ovunque, ora individua questa come la priorità del momento.

Non quella di ricostruire alla svelta e togliere subito l’embargo commerciale alla Siria che ha aggiunto problemi gravissimi a un Paese già ridotto allo stremo dopo quasi un decennio di guerra a tutto campo, ma occuparsi in via prioritaria dei cannibali islamici.

Dunque sia Damasco che Baghdad, qualora non provvedano rapidamente a una soluzione in tal senso, si renderanno “responsabili – scrive l’ONU – di violazione dei diritti umani”.

Una circostanza che, tenendo presente ciò che i due Paesi arabi hanno subìto, ha il sapore della presa in giro.

Ma non solo: l’alternativa data dal numero uno dell’Agenzia per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, appare quasi un vero incubo per i Paesi europei.

Secondo l’ONU, infatti, qualora i terroristi attualmente nelle carceri siriane e irachene non vedano partire i loro i processi, allora dovranno essere rimpatriati al più presto in Europa: “La responsabilità per i foreign fighters è dei Paesi d’origine – spiega Bachelet –. Se costoro non vengono incriminati devono tornare in questi Paesi”.

Una logica che stride con la realtà: nel un momento in cui si cerca d’allontanare gli spettri del ritorno dei tagliagole jihadisti mettendo in guardia contro il pericolo di un loro rientro, l’Agenzia dell’ONU parla dell’obbligo giuridico ed etico di riprenderseli in casa.

E questo in teoria, ma anche in pratica, dovrebbe essere l’organo di governo mondiale! Siamo sempre alle solite, ma c’è del metodo in questa follia…