LA NEMESI DELLA “RESISTENZA” IN EPOCA DI TIRANNIA SANITARIA

Più ci si allontanava dalla fine della Seconda Guerra mondiale e più la sinistra di matrice comunista ha brandito lo spettro del fascismo alimentando il mito di una “Resistenza” che, dietro le armate e i bombardamenti a tappeto anglo-americani degli anni 1943-1945, colpiva con ogni mezzo tutto ciò che gli tornava utile imponendosi su un Paese allo stremo.

Una narrazione talmente edulcorata e apologetica da aver interamente sostituito la realtà dei fatti.

E così l’antifascismo in assenza di fascismo e cresciuto a dismisura come una metastasi fino a diventare una sorta di “religione civile”.

Chissà se oggi, che la dittatura esiste davvero in termini formali e sostanziali, qull’apologia dei mitologici “partigiani” non si rivolti contro tutti coloro che sostengono la tirannia sanitaria in atto.

Sarebbe una conseguenza logica, ma oggi la logica è materia davvero poco in auge.

GLI STATI UNITI E I LORO INTERESSI DI POTENZA GLOBALE

Non si tratta di essere genericamente “antiamericani”, termine ormai stra-abusato, ma di guardare con realismo la politica estera degli Stati Uniti.

Una politica che si ammanta da sempre di una retorica “liberatrice” ma che, di fatto, guarda solo ai propri interessi politico-economici e a estendere e preservarne la sfera d’influenza globale.

Dopo il voto del Parlamento iracheno sulla risoluzione “non vincolante” per l’uscita delle forze americane, Trump ha minacciato non solo “gravi sanzioni”, ma anche di farsi restituire i soldi spesi per la base americana insediata sui resti dell’antica città di Babilonia.

“Abbiamo una base straordinariamente costosa, costruirla è costato miliardi di dollari, ben prima che io mi insediassi. Non ce ne andremo – ha detto il presidente – se non ci restituiranno i soldi”. Trump rilancia poi la minaccia di “colpire anche i siti culturali”, poi ritirata, in caso di rappresaglia da parte dell’Iran.

Al di là della “questione Soleimani”, è la dimostrazione che gli americani non liberano ma occupano interi Paesi.

Esattamente come ogni altro Impero. E noi italiani lo sappiamo bene: siamo infatti stati “liberati” nel 1945 e, ancora oggi, dopo quasi tre quarti di secolo, abbiamo basi militari e armi nucleari americane disseminate sul “nostro” territorio.

E lo stesso vale per la Germania e il Giappone. Quand’è che il Parlamento italiano troverà il coraggio di votare una risoluzione in cui chiede agli USA di smobilitare le 113 basi USA-NATO ubicate sull’intera penisola?

IL SULTANO ERDOGAN ATTACCA DI NUOVO LA SIRIA

Dopo avere concorso a devastare la Siria per quasi un decennio insieme a sauditi, americani, francesi e israeliani, ora il sultano turco Erdoğan attacca i curdi del Rojava cercando di rubare territorio siriano e togliersi di mezzo una spina dal fianco.

E chiama quest’operazione militare, tanto per aggiungere un tono surreale all’intervento, col nome di “Primavera di Pace”. Fanno la guerra e la chiamano pace, non è fantastico?

Per attuare tale piano, Erdogan si servirà anche del cosiddetto Free Syrian Army (FSA), una sigla scomparsa da anni dal contesto bellico siriano ma che il presidente turco ha già in passato fatto “resuscitare” per attaccare i curdi e non solo.

Difficile prevedere quali saranno gli sviluppi sul campo, ma visti i precedenti turchi nell’area è plausibile che ancora una volta l’idea sia quella di riattizzare il conflitto in Siria.

Sperando così di ottenere due risultati concreti: puntellare il proprio potere dentro la Turchia e, nel medesimo tempo, scatenare una guerra ai confini che permetta di riguadagnare il terreno perduto nei rapporti di forza a livello internazionale.

Un mondo alla rovescia

In prigione non ci finisce chi scatena guerre, bombarda popolazioni civili e distrugge interi Paesi, ma chi ha il coraggio di renderne pubblici i retroscena e ne indica le responsabilità precise.

Per questo motivo Julian Assange rischia di passare la vita all’ergastolo e invece ceffi come Barack Obama girano il mondo pagati 80mila dollari a conferenza. Un mondo alla rovescia!